Cosa sono le malattie professionali e quali sono le più comuni?

Una malattia professionale è una patologia causata da attività lavorative che comportano esposizione a agenti nocivi fisici, chimici o biologici. Il suo riconoscimento giuridico presuppone l’esistenza di un nesso di causalità tra l’attività svolta e la patologia diagnosticata. In Italia, il riferimento normativo principale è il Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (DPR n. 1124/1965), che distingue tra malattie tabellate e malattie non tabellate.

Le malattie tabellate sono quelle espressamente elencate nelle tabelle INAIL e per le quali il rapporto di causalità con il lavoro è presunto, semplificando il processo di riconoscimento. Le malattie non tabellate, invece, richiedono una dimostrazione specifica da parte del lavoratore, che deve fornire prove del legame tra la patologia e l’attività professionale.

Il primo bilancio del 2024 appena pubblicato all’INAIL

Secondo il primo bilancio del 2024 appena pubblicato all’INAIL, i dati relativi alle malattie professionali confermano una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti. L’aumento delle denunce è attribuibile non solo a una maggiore consapevolezza dei lavoratori e a un miglioramento nelle procedure di segnalazione, ma anche alla ripresa delle attività industriali post-pandemia. Il settore manifatturiero, il comparto edilizio e quello sanitario risultano tra i più esposti, con un incremento delle patologie muscolo-scheletriche e respiratorie.

L’INAIL continua a monitorare l’evoluzione del fenomeno, aggiornando periodicamente i dati per individuare trend emergenti e migliorare le strategie di prevenzione nei settori maggiormente a rischio.

Le malattie professionali più comuni

Le patologie professionali più diffuse rientrano in categorie ben definite, che riflettono la natura dei rischi presenti nei vari ambienti di lavoro:

  • Patologie muscolo-scheletriche: costituiscono la tipologia più frequente e comprendono tendiniti, sindrome del tunnel carpale, lombalgie e discopatie. Sono tipiche di lavori che comportano movimenti ripetitivi, sforzi fisici e posture scorrette prolungate nel tempo.
  • Malattie respiratorie: includono l’asbestosi, la silicosi e le broncopneumopatie croniche, spesso causate dall’inalazione prolungata di polveri, fumi o sostanze tossiche. I lavoratori del settore edile, minerario e metalmeccanico sono tra i più esposti.
  • Tumori di origine professionale: si manifestano prevalentemente in soggetti esposti a sostanze cancerogene, come amianto, benzene e formaldeide. L’insorgenza di queste neoplasie avviene solitamente dopo anni di esposizione e può essere difficile da correlare immediatamente all’attività lavorativa.
  • Malattie della pelle: dermatiti da contatto, eczemi e reazioni allergiche sono comuni tra i lavoratori esposti a solventi, metalli pesanti o agenti chimici aggressivi.
  • Patologie dell’udito: la perdita dell’udito da esposizione a rumori elevati, nota come ipoacusia professionale, è una delle malattie più segnalate tra i lavoratori dell’industria pesante.

Chi paga in caso di malattia professionale dopo il licenziamento?

Un aspetto spesso sottovalutato riguarda il riconoscimento delle malattie professionali dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Chi paga in caso di malattia professionale dopo il licenziamento? La normativa prevede che l’INAIL continui a garantire la copertura assicurativa anche dopo la fine del rapporto di lavoro, a condizione che venga dimostrata la correlazione tra la patologia e l’attività lavorativa svolta.

Il lavoratore può presentare domanda di riconoscimento anche successivamente al licenziamento, purché entro i termini di prescrizione stabiliti per la specifica malattia. In caso di accertamento positivo, l’INAIL eroga un’indennità proporzionale al grado di menomazione permanente riconosciuto, oltre a eventuali rendite per invalidità.

La prevenzione come strumento essenziale

La prevenzione rappresenta l’unico strumento realmente efficace per ridurre l’incidenza delle malattie professionali. Le aziende sono tenute ad adottare misure di protezione adeguate, tra cui:

  • La riduzione o eliminazione delle fonti di rischio mediante modifiche nei processi produttivi.
  • L’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati alle specifiche esigenze lavorative.
  • La formazione costante del personale sui pericoli e sulle buone pratiche di sicurezza.
  • Il monitoraggio continuo degli ambienti di lavoro per garantire il rispetto dei limiti di esposizione a sostanze pericolose.

L’implementazione di queste strategie, insieme a controlli sanitari regolari, consente di individuare precocemente i segnali di possibili patologie professionali, riducendo i danni a lungo termine per i lavoratori.