Il CoViD-19 ha creato in tutto il globo una situazione senza precedenti. Il genere umano intero si è trovato, in appena qualche mese, a fare i conti con una nuova minaccia che ha evidenziato ancora una volta quanto l’homo sapiens possa diventare debole e indifeso di fronte alle forze della natura.
Il cambiamento che ne è conseguito è stato repentino: il Coronavirus ha letteralmente immobilizzato diversi macro settori della società quali la cultura, il turismo e lo spettacolo, che hanno in comune il fatto di raccogliere nello stesso posto molte persone.
Gli effetti del Coronavirus sull’industria della cultura
L’Italia è tra i primi paesi al mondo per ricchezza del patrimonio storico e culturale. Vedere la galleria degli Uffizi a Firenze totalmente vuota, così come il Colosseo a Roma piuttosto che il Duomo di Milano, sono immagini probabilmente uniche che rendono l’idea non solo della gravità della situazione a livello sanitario, ma anche della grande perdita che il mondo della cultura italiana sta affrontando e affronterà per ancora chissà quanto tempo.
Gli esempi fatti sopra sono rappresentativi di alcuni tra i principali monumenti d’interesse mondiale, ma ogni località nel suo piccolo è stata costretta a chiudere tutti i propri luoghi rappresentativi: non esiste infatti in Italia una singola città o paese che abbia il museo comunale aperto.
La chiusura di tutti i luoghi di interesse storico-culturale è stata una delle prime misure adottate da tutti i governi nazionali allo scoppiare dei primi focolai: ciò si è reso necessario a causa dell’elevato numero di persone che questi luoghi richiamano.
Per il futuro si sta lavorando duramente per organizzare delle visite che permettano un adeguato distanziamento, con entrate scaglionate, obbligo di guanti e mascherine per i visitatori e l’installazione di diversi distributori di gel igienizzante.
L’impressione generale, purtroppo, è che l’industria della cultura sia tra le ultime ad essere di nuovo operativa.
Gli effetti del Coronavirus sul turismo
La misura principale che è stata adottata per arginare il CoViD-19, come tutti ormai purtroppo sappiamo, è quella di rimanere a casa evitando tutti quegli spostamenti non strettamente necessari.
Contestualmente alla quarantena è stata anche disposta la chiusura incondizionata delle strutture ricettive ad uso turistico, che comprendono alberghi, agriturismi, villaggi, motel e simili; non è necessario essere degli economisti per comprendere il danno devastante arrecato al settore del turismo.
L’emergenza non è ancora finita, ma l’imminente arrivo dell’estate non fa che peggiorare una situazione già fortemente compromessa: alcuni esperti stimano che nel 2020 l’Italia, che è tra primi paesi al mondo per presenza di turisti, vedrà quasi 150 milioni di visitatori in meno (con una forbice tra il 25 ed il 30% in meno rispetto al 2019), per una perdita complessiva totale di circa 18 miliardi di euro.
Sono numeri che, da soli, sono sufficienti a mettere in ginocchio un settore che fino a 3 mesi fa era tra i più floridi del panorama mondiale.
Questo è il quadro attuale della situazione, che ovviamente non si esaurisce con lo scemare dell’epidemia. Finché non sarà disponibile un vaccino vi saranno degli strascichi che, a quanto si ipotizza, potrebbero costringerci ad un distanziamento sociale almeno fino al 2022 per evitare l’insorgere di altri focolai che costringerebbero i governi ad adottare nuovamente le misure più restrittive che già conosciamo.
Questa “convivenza” forzata con il virus ha imposto un cambio di mentalità, un’evoluzione del pensiero, perché non è concepibile che un settore così importante come il turismo debba essere congelato per altri due anni ancora; sono così nate quelle bizzarre contromisure che spesso si vedono nel web, che consistono in vetri in plexiglass nelle spiagge, tra i tavoli dei ristoranti, tra le poltrone di un aereo di linea e via dicendo.
Alcune ipotesi sono ovviamente ironiche, ma altre sono molto più serie e confermano come si stia facendo di tutto per far ripartire un settore che, si teme, impiegherà moltissimo tempo per tornare ai fasti del passato.
Gli effetti del Coronavirus sul mondo dello spettacolo
Non solo musei ed alberghi: anche cinema, televisione, teatri e concerti hanno risentito pesantemente della situazione. Le infrastrutture che ospitano gli spettacoli cinematografici e teatrali sono state ovviamente subito chiuse, mentre tutti gli artisti che avevano annunciato tour di concerti, presentazioni di libri o film sono stati costretti a cancellare ogni appuntamento.
Di fatto il mondo dello spettacolo è fermo fin dalla metà del mese di febbraio, senza che da allora sia uscito un nuovo film o serie TV; fa eccezione il mondo dell’editoria, con gli scaffali delle librerie (poco) aperte che vedono sporadicamente la comparsa di qualche nuovo libro.
Tutte le case di produzioni cinematografiche si sono adoperate per rinviare a data da destinarsi le pellicole già girate prima dell’insorgere dell’emergenza, dato che non esistono strutture in grado di proiettarle.
Allo stesso modo i palinsesti del piccolo schermo si sono radicalmente modificati, con la comparsa di molti programmi di approfondimento sul Coronavirus che si oppongono invece alla completa scomparsa del pubblico da tutte le trasmissioni, con i presentatori che sono così costretti a reggere il programma in totale solitudine, con ospiti che non di rado sono presenti solo tramite collegamento remoto.
L’unico segno positivo lo riscontrano ovviamente le piattaforme web di intrattenimento: è naturale che la quarantena forzata abbia spinto molte persone a combattere la noia sottoscrivendo abbonamenti a Netflix, Amazon Prime, Infinity o Tim Vision.
La scoperta di un vaccino si rende quantomai necessaria per ripartire in maniera veloce e allo stesso tempo serena, libera dalla paura di ricadere nell’incubo della Fase 1 del contenimento.
Qualora dovessimo essere costretti ad affrontare il CoViD-19 senza l’ausilio della medicina, è fisiologico che ogni settore patirà i danni dell’emergenza ancora per molto tempo, con l’adozione di contromisure che non possono essere niente di diverso se non un distanziamento sociale facilitato dall’adozione di barriere fisiche.